Michele Putignano, Ambassador di Veronero Caffè, su Bargiornale

Michele Putignano, Ambassador di Veronero Caffè, su Bargiornale

Da agnostico a cultore del caffè.

Michele Putignano, ha scoperto la complessità del caffè grazie a Veronero e ha dato il via ad un percorso di formazione completo, che attualmente lo vede impegnato nel roasting.

La formazione e la diffusione della cultura del caffè hanno un posto di primo piano tra le attività promosse dal brand Veronero, in collaborazione con importanti realtà del settore. Perché siamo fermamente convinti che la vera qualità e l’eccellenza passi non solo attraverso la scelta delle migliori materie prime ma soprattutto da una profonda conoscenza di tutti gli aspetti che risiedono dietro un semplice chicco di caffè.

Nella sua caffetteria, a Santeramo in Colle, Michele Putignano è “Ambasciatore del Brand Veronero”.

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Scopri l’esclusiva ricetta a base di Veronero Exotico.


Caffèlatte, latte macchiato e cappuccino. Scopri le differenze.

Caffèlatte, latte macchiato e cappuccino. Scopri le differenze.

Caffèlatte, latte macchiato o cappuccino? A parte la presenza di crema di latte in quest’ultimo, le tre bevande sembrano uguali. In realtà si differenziano da più punti di vista, a cominciare dalla percentuale di latte e caffè utilizzata in ognuna e dalle diverse modalità di preparazione. Vediamo le caratteristiche di tutte e come distinguerle una dall’altra. Per veri intenditori.

Caffèlatte: come si prepara

Il caffèlatte è una delle bevande più amate dagli italiani, soprattutto per quanto riguarda la prima colazione. La tradizione del caffèlatte ha origine senza dubbio nel Bel Paese e, oltre a prepararlo in casa, si trova facilmente in ogni bar del territorio. Si serve caldo in tazza a base larga, perché tradizione vuole che sia possibile inzuppare agevolmente i biscotti al suo interno. Per preparare una tazza di caffèlatte, la ricetta è semplice: occorrono 125 ml di latte e 25 ml di caffè espresso.

Ecco come fare:

  • Prepara il caffè espresso. La base di un buon caffèlatte è sicuramente il caffè espresso, da mettere in tazzina per ottenere la giusta quantità e poi da versare nella tazza grande. Chi gradisce, può zuccherarlo
  • Scalda il latte. È sufficiente un pentolino ma per un caffèlatte a regola d’arte, il latte va scaldato nel bricco, utilizzando il vapore della macchina da caffè espresso. L’importante però è non farlo montare bensì mantenerlo piuttosto liquido
  • Versa in tazza e mescola. A questo punto si versa il latte nella tazza, si mescola al caffè già versato in precedenza e si gusta in tutta la sua bontà. All’estero, il caffèlatte italiano è l’equivalente del cafè au lait francese o del caffè con leche degli spagnoli

In estate, sono tante le persone che preferiscono aggiungere semplicemente del latte freddo, per preparare il caffèlatte. In alcuni casi c’è chi, oltre al latte, preferisce che anche il caffè sia freddo. Un’ulteriore variante è quella del cosiddetto caffèlatte ghiacciato. Oltre al semplice latte, la ricetta prevede l’aggiunta di un cucchiaio di gelato fiordilatte e ghiaccio, da frullare insieme, prima di aggiungere il mix al caffè zuccherato.

Cosa distingue dunque il caffèlatte dal cappuccino e dal latte macchiato? Ecco le differenze principali.

Cappuccino

La famosa bevanda italiana si distingue dal caffèlatte principalmente per quanto riguarda le modalità di preparazione. Le quantità di latte e caffè infatti sono identiche, rispettivamente di 125 ml e 25 ml.  Il cappuccino si serve anch’esso in tazza, molto simile nella forma a quella utilizzata per il caffèlatte, anche se quest’ultima di solito è un po’ più grande.

La caratteristica distintiva del cappuccino invece è di certo la densa e soffice crema di latte che si adagia in superficie, che si ottiene montando a dovere il latte con il bricco della macchina da caffè espresso. Proprio questa caratteristica ha permesso al cappuccino di diventare il protagonista assoluto della Latte Art ovvero la maestria dei baristi nel “disegnare” diverse forme in superficie, sfruttando la consistenza della crema di latte e l’alternanza del colore chiaro/scuro tra latte è caffè.

Spesso un buon cappuccino presenta anche un tocco finale di cacao in polvere in superficie.

Latte macchiato

Il latte macchiato si confonde spesso, a un primo sguardo, con un caffèlatte. In realtà, la prima caratteristica che deve saltare all’occhio dell’esperto è che il latte macchiato è servito in vetro. Si tratta di un bicchiere stretto e alto, chiamato tumbler, che si abbina solitamente a un cucchiaino dal manico lungo. Il latte macchiato in realtà è composto per la maggior parte da latte e solo da una dose ridotta di caffè, al massimo 20 ml.

Una curiosità singolare da conoscere è che, a seconda del tipo di estrazione del caffè, quest’ultimo può creare uno strato distinto dal latte, ben visibile nel bicchiere, aggiungendo un tocco scenografico di grande effetto (che si nota proprio grazie alla trasparenza del vetro in cui il latte macchiato è servito). Infine, è interessante accennare all’ultima tendenza in fatto di bevande a base di latte e caffè, che va ad affiancarsi a quelle già menzionate: si tratta del flat white. Molto simile a un cappuccino, ha però una crema di latte meno voluminosa e più piatta (flat) e decisamente una predominanza di caffè, presente in circa 60 ml per tazza.

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15 BUONI PROPOSITI PER MIGLIORARE LA TUA VITA NEL 2021

15 BUONI PROPOSITI PER MIGLIORARE LA TUA VITA NEL 2021

Quante volte, verso fine dicembre, ti sei ritrovato a stilare una lista di obiettivi per il nuovo anno mentre parlavi con amici, parenti, o anche solo tra te e te? Quanti di questi obiettivi sei poi riuscito a mettere effettivamente in pratica? Se la risposta alla prima domanda è “molte volte” e la risposta alla seconda è “pochi obiettivi” ti suggeriamo 15 buoni propositi per il nuovo anno. Ovviamente non dovrai metterli in pratica tutti e 15. Uno dei motivi principali per cui poche persone riescono a raggiungere gli obiettivi prefissati è il fatto che i traguardi che si hanno in mente sono troppi. Concentrati invece su un massimo di 3 buoni propositi avrai più tempo per lavorarci su, senza che lo stress ti mandi fuori strada.

1. USA MENO LO SMARTPHONE

Nel 2020 essere “collegati” ci ha permesso di rimanere in contatto con persone care che non ci è stato possibile incontrare. Ci siamo passati tutti: dalle video chiamate con i genitori lontani ai video aperitivi con gli amici. Quando però la maggior parte del nostro tempo libero lo dedichiamo principalmente a fissare lo schermetto dello smartphone, facendo zapping su YouTube, rispondendo ai messaggi dei mille gruppi di WhatsApp di cui facciamo parte, rispondendo a email non urgenti e via discorrendo, il nostro livello di energia precipita ed il corpo ne risente. Ti suggeriamo di usare lo smartphone con moderazione, solo quando è necessario. A volte è importante dire basta, spegnere il telefono, prendere in mano quel libro che da tempo hai intenzione di leggere e staccare la spina per qualche ora. Vedrai che dopo qualche giorno ti sentirai più rilassato e in sintonia con te stesso.

2. IMPARA A FREGARTENE

Imparare a fregarsene è spesso una delle arme segrete delle persone felici e longeve. “Fregarsene” non vuol dire affrontare la vita con superficialità, anzi. Vuol dire dare importanza alle cose e alle persone che ti interessano veramente e non dar peso a ciò che non contribuisce alla tua felicità. Ora siediti ad un tavolo e prendi carta e penna. Fai una bella lista di tutto ciò che sei solito fare e che non ti rende felice. È difficile, se non impossibile, eliminare dalla tua vita tutte quelle cose che ti rendono infelice. Il trucco sta nel trovare un giusto equilibrio. Saprai tu stesso meglio di me quello che può essere eliminato dalla tua vita senza che tu ci “rimetta la faccia” o senza che ti perseguitino i sensi di colpa. Una volta fatta un po’ di pulizia nella tua agenda rimarrai piacevolmente sorpreso dal tempo e dal denaro che avrai risparmiato e che potrai finalmente dedicare a te stesso e a ciò che realmente ti importa!

3. ELIMINA CIÒ CHE NON TI SERVE

Questo punto è complementare a quello precedente. Si tratta di eliminare dalla tua vita tutti quegli oggetti che non ti servono più, non ti rappresentano, non ti piacciono, non ti rendono felice o ti eri dimenticato di avere. Inizia dal cassetto della biancheria per poi passare all’armadio, alla libreria, alla cucina e al temutissimo GARAGE. Questa operazione, se fatta come si deve, ti porterà via diversi giorni. Una volta terminata, però, ti sentirai soddisfatto come non mai e ti sembrerà di aver recuperato quella chiarezza mentale che pensavi fosse scomparsa da tempo.

4. DORMI DI PIÙ

Quante volte, durante una giornata in cui avresti dovuto essere produttivo e concentrati al 100%, ti è capitato di pensare: “se solo fossi andato a letto un’ora prima ora non sarei così stanco!”. Un’ora, o anche solo mezz’ora di sonno in più, può cambiarti in meglio l’intera giornata. Se sei tra quelli a cui piace stare attaccati al telefono o al computer fino all’ultimo secondo prima di spegnere la luce, sappi che la luce dello schermo induce il cervello a pensare che fuori sia ancora giorno, quando in realtà non lo è. In tal modo impiegherai molto più tempo ad addormentarti. L’ideale sarebbe spegnere telefoni e computer un’oretta prima di andare a letto. Fatti una bella tisana e leggi qualche pagina di quel libro che sta sul comodino da mesi.

5. IMPARA UNA LINGUA NUOVA

Grazie a siti internet specializzati, app, piattaforme che ti permettono di parlare a distanza con persone di altri paesi, video su YouTube, podcast, e tanti altri strumenti ancora, imparare una lingua straniera è un obiettivo raggiungibile se si è muniti di volontà e disciplina.

6. PORTA A TERMINE UN PROGETTO INIZIATO L’ANNO PRIMA

Chi ha detto che i buoni propositi per il nuovo anno devono per forza basarsi su traguardi nuovi di zecca? Portare avanti un progetto iniziato l’anno precedente che ti sta a cuore o con il quale hai già ottenuto dei buoni risultati, può dare altrettanta soddisfazione. Continuare un progetto già impostato è meno impegnativo che iniziarne uno da zero. L’importante è fissare degli obiettivi ben precisi per passare ad un livello superiore.

7. DAI LIBERO SFOGO AL TUO LATO CREATIVO

Se pensi di non essere una persona creativa, ti stai sbagliando. In ognuno di noi risiede una buona dose di creatività, il problema è che non ce ne accorgiamo perché non gli diamo spazio a sufficienza. Ritagliati un’oretta o due alla settimana per dedicarti a quell’attività che magari hai abbandonato. Lo scopo di queste attività non sarà quello di produrre opere d’arte, ma sarà quello di riportare la tua mente al momento presente, accantonando quei pensieri legati al passato ed al futuro che normalmente non ti danno tregua. Dopo una sessione creativa ti sentirai più leggero e soddisfatto. Provare per credere.

8. SMETTILA DI PROCRASTINARE

Su come smettere di procrastinare sono stati scritti tanti libri. Qui ti diamo perciò solo due consigli a riguardo:

  • Bada alla regola dei 2 minuti: questa regola dice che se una certa attività porta via meno di (o fino a) due minuti di tempo, falla ORA;
  • Prenota con anticipo: si tratta di dedicare due o tre ore ad inizio anno per prenotare tutto ciò che vorresti – o dovresti – fare da tempo. Non importa se questi appuntamenti avranno luogo a mesi di distanza. Il solo pensiero che più avanti farai quello che avresti voluto o dovuto fare da tempo ti farà sentire meglio.

9. FAI 10.000 PASSI AL GIORNO

I programmi per tenersi in forma che vengono fatti ad inizio anno sono poco realistici. “Andrò 3 giorni alla settimana in palestra”, “andrò a correre prima di andare a lavoro”, “farò ogni giorno della ginnastica a casa”, “andrò”, “farò”, “mi iscriverò”, eccetera eccetera. È vero che i 10.000 passi che ti consigliamo di fare andrebbero fatti ogni giorno, ma è anche vero che rappresentano un obiettivo realistico, che a volte raggiungi senza nemmeno rendertene conto. Per tenere conto dei tuoi passi giornalieri puoi usare un orologio contapassi oppure un’app scaricabile sul telefono. Non vedere questi 10.000 passi unicamente come una modo per perder peso. Vedili come un’occasione per ritagliarti un po’ di spazio per te stesso, per prendere un po’ di aria fresca, per sgranchirti le gambe – soprattutto se fai un lavoro che richiede di stare molto seduti – o per portare a spasso il cane. Spesso le idee migliori vengono quando il nostro cervello viene per così dire messo in pausa. Chissà che dopo una bella camminata non ti venga in mente l’idea di business del secolo!

10. LEGGI DI PIÙ

Leggi di più. Non per recitare la parte degli intellettuali quando sei in mezzo ad altra gente. Fallo per te stesso, per acquisire una prospettiva diversa sulla vita. Leggi di tutto. Rimarrai sorpreso dalla quantità di cose nuove che imparerai e da come ti si aprirà la mente su argomenti che magari, prima di quel momento, non avevi nemmeno preso in considerazione.

11. RICONTATTA DEI VECCHI AMICI

Prendi in mano carta e penna e scrivi una lista di tutti quei vecchi amici che non senti da 6 mesi o più. Cosa staranno mai facendo? Dove si troveranno in questo momento? E come si sentiranno? L’unico modo per saperlo è… facendoti sentire. Lo puoi fare in vari modi: una semplice telefonata, un messaggio, un’email, una cartolina, o, perché no, una lettera come ai vecchi tempi. Le amicizie, quelle vere, vanno curate e fatte crescere col tempo.

12. FAI QUALCOSA CHE PENSAVI NON AVRESTI MAI FATTO

Fai una lista di quelle cose che hai sempre voluto fare e non hai mai avuto il coraggio – o il tempo – di fare. Scegline una e mettiti in moto per realizzarla.

13. SMETTILA DI CRITICARTI

Smettila di criticarti di continuo per cose che hai fatto e che avresti potuto fare diversamente, o per cose che avresti potuto fare e che non hai mai fatto. Sbagliare è umano ed è l’unica maniera per capire come affrontare situazioni simili in futuro. Alcune cose avvengono fuori dal tuo controllo, per cui spesso criticarti non solo non è produttivo, ma non ha alcun senso. Pensa che se hai agito in un certo modo sarà stato perché in quel momento quella sarà stata per te la maniera più appropriata di comportarti. Oppure perché in quel momento, forse inconsciamente, non eri pronti a fare quel passo avanti, come ad esempio ricevere una promozione. Il vero perché non lo conoscerai mai. Non ti resta che accettare i fatti così come sono, rispettarti per quello che sei, ed andare avanti per la tua strada cercando di non commettere gli stessi errori.

14. NON PRENDERE SEMPRE TUTTO SUL SERIO

Pensa all’inutile dispendio di energie che sprechi ogni volta che ti arrabbi per qualcosa che, in fondo, non ha poi così importanza. Pensa a come potresti utilizzare queste energie per fare qualcosa di più costruttivo. Ogni volta che ti senti salire il sangue al cervello chiediti:

  • quello che è appena accaduto influisce in maniera permanente e negativa sulle cose e sulle persone a me care?
  • danneggia la mia salute?
  • danneggia la mia professione?
  • la mia libertà?
  • i miei valori?

Se la risposta a queste domande è NO, probabilmente non vale la pena prendere troppo sul serio quella questione.

15. LAMENTATI DI MENO

A nostro avviso le lamentele possono provocare due tipi di reazioni:

  • Ulteriori lamentele da parte delle persone che ti stanno attorno, le quali si sentono in dovere di “sostenerti” moralmente;
  • Un allontanamento da parte di chi ti sta attorno. Pensaci: tu hai voglia di stare accanto a qualcuno che si lamenta in continuazione quando sei di buon umore? A meno che tu non sia masochista, la risposta sarà NO.

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Perché ci piace un sacco l'atmosfera natalizia (ma non il giorno di Natale)

Perché ci piace un sacco l'atmosfera natalizia (ma non il giorno di Natale)

Ci sono dei motivi ben precisi per amare l’atmosfera natalizia e non il giorno di Natale: vi spieghiamo quali (e perché è normale che sia così)

Il periodo dell’anno più scintillante e luminoso è finalmente arrivato e l’atmosfera natalizia permea tutto, dalle vetrine alle strade. Se siete tra quelli che decorano tutta la casa di lustrini e addobbi in anticipo, sapete sicuramente cosa vuol dire amare questo periodo dell’anno. Il mese che precede il Natale è denso di magia: le strade si riempiono di luci, i negozi sono colmi di confezioni luccicanti, il rosso, il verde e l’oro diventano i colori che caratterizzano le nostre giornate. Tutto questo scintillio arriva al suo culmine il 25 dicembre che, molto spesso, è il giorno meno amato tra tutti quelli che lo precedono. Vi spieghiamo i motivi per cui è normale.

Finisce l’atmosfera

Ma come si fa a essere super entusiasti il giorno di Natale? Vanno bene il cibo, la festa, i regali, la gioia condivisa ma questo è anche il giorno in cui finisce tutto. Dopo il 25 dicembre l’atmosfera natalizia e tutti gli elementi connessi sfumeranno nel tempo e, già dal giorno dopo, verranno percepiti con meno spirito. Insomma, a quel punto diventa solo inverno: potremmo passare direttamente a giugno.

Apriamo tutti i regali

Quando si dice che l’attesa del piacere è essa stessa il piacere, si intende proprio questo. Fino al giorno di Natale aspettiamo i nostri regali, siamo in attesa di avere proprio quel dono che aspettavamo da tempo, non vediamo l’ora di guardarlo e tenerlo tra le mani. Quando arriva quel momento però c’è qualcosa di poco piacevole che spesso percepiamo. Vi è mai capitato di provare quella punta di tristezza per la fine dell’attesa?

L’ansia del Capodanno

Ecco un altro validissimo motivo per cui il giorno di Natale non è così amato. Abbiamo rimandato fino a quel momento la risposta alla fatidica domanda E tu cosa fai a Capodanno?
Adesso non abbiamo più scuse. Quando arriva il giorno di Natale ci rendiamo conto che è davvero il momento di pensare a cosa fare il 31 dicembre.

I parenti

Le riunioni di famiglia sono molto intense e, di solito, avvengono solo in queste occasioni. E meno male. Dopo la prima divertentissima ora in cui si ride, si scherza e si spacchetta, cominceranno ad arrivare le domande spinose.

E il fidanzato? Oppure la gettonatissima Ma quando ti sposi? O ancora Quando un bel bambino?
Ecco, quest’anno armatevi di pandoro da offrire continuamente e dispensate sorrisi, li azzittirete e comincerete ad amare un po’ di più anche il giorno di Natale.

Fonte: GRAZIA.IT

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Quanto ne sapete sul Natale? Le 10 curiosità sulla festa più importante dell'anno.

Quanto ne sapete sul Natale? Le 10 curiosità sulla festa più magica dell'anno.

Dal bacio sotto al vischio alla vera identità di Babbo Natale, 10 curiosità sul Natale.

Avete già finito di impacchettare tutti i regali, avete decorato casa e in filodiffusione va giorno e notte la playlist natalizia. Ok, e con le curiosità sul Natale come ve la cavate? Per essere dei veri professionisti del Natale, infatti, bisogna sapere alcune chicche da sfoggiare a tempo opportuno davanti ad amici e parenti. A questo proposito: sapete l’origine dell’albero che avete addobbato? E la storia di Jingle Bells? E perché Santa Claus è vestito di rosso?

Dal bacio sotto al vischio alla vera identità di Babbo Natale, ecco 10 curiosità sul Natale che (quasi sicuramente) non conoscete, ma che vi piaceranno tantissimo. Vi raccontiamo 10 curiosità sul Natale, prima di leggere la nostra risposta provate a dare la vostra. Se otterrete più di 6 risposte corrette sarete promossi a veri esperti del Natale.

Le 10 curiosità sul Natale

Perché Babbo Natale è vestito di rosso?

Per una summa delle curiosità sul Natale non si può che partire da lui.

E dunque: Santa Claus non è sempre stato vestito di rosso.

Originariamente il suo abito era verde, poi la Coca Cola l’ha colorato con il suo colore-manifesto per una pubblicità natalizia et volià: Babbo Natale da allora ha un guardaroba total red.

Perché ci si bacia sotto il vischio?

Nella mitologia nordica, il vischio è la pianta sacra di Frigg (o Freya), la dea dell’amore.

Questa dea aveva due figli: Balder, buono e generoso, e Loki, cattivo e invidioso, così gramo da volere uccidere il fratello. Quando la madre scoprì il terribile piano di Loki, chiese a tutte le creature animali e vegetali di proteggere Balder. Ma si dimenticò di una sola specie: il vischio.

E Loki usò proprio questa pianta per fabbricare una freccia letale per Balder.

La dea Frigg trovò il cadavere del figlio e scoppiò a piangere. Le sue lacrime si trasformarono magicamente in bacche bianche e quando toccarono il corpo di Balder lo riportarono in vita.

Impazzita dalla gioia, la dea Frigg cominciò a baciare chiunque passasse sotto l’albero sul quale cresce il vischio (di solito si tratta di pioppi, olmi e tigli).

Il suo bacio divenne un portafortuna e una protezione contro il male, motivo per cui oggi si usa scambiarsi baci sotto il vischio.

Chi è Babbo Natale?

Il Babbo Natale che tutti i bimbi del mondo aspettano durante la notte di Natale altri non è che San Nicola, in inglese Santa Claus.

San Nicola, oltre a essere il corriere numero uno del trasporto regali a dicembre (roba che Bartolini e DHL, spostatevi!), è anche il protettore degli studenti e dei bambini per tutto il resto dell’anno.

Un papà a tutti gli effetti, insomma.

Qual è il primato di Jingle Bells?

Jingle Bells ha come primato non solo quello di essere la melodia più martellante di fine novembre-inizio gennaio ma anche quello di essere stata la prima canzone cantata nello spazio.

Il 16 dicembre del 1965 due astronauti statunitensi di nome Schirra Jr. e Thomas P. Stafford, a bordo della navicella Gemini 6, si attraccarono per la prima volta nella storia a un’altra navicella, la Gemini 7.

In quell’occasione intonarono proprio Jingle Bells.

Chi ha disegnato per primo la stella cometa con la coda?

La stella cometa con la coda così come appare in quasi tutti i presepi la si deve a Giotto.

Nel 1299 il pittore disegnò per primo la cometa con una luce così sfavillante da creare appunto la ormai iconica coda, discostandosi dall’iconografia tradizionale della stella stilizzata costituita da molte punte.

Da dove nasce il bastoncino di zucchero?

La leggenda del candy cane, il bastoncino di zucchero a strisce rosse e bianche, racconta che questo dolciume tipicamente natalizio è stato inventato a inizio Novecento da un pasticciere molto religioso.

Il bastoncino vorrebbe omaggiare Gesù, di cui richiamerebbe l’iniziale (la J di Jesus) se si capovolge il bastone.

Perché si chiama panettone?

A proposito di dolciumi tipici di Natale, ben più gettonato del bastoncino di zucchero è da noi il panettone.

Ma da cosa deriva questo strano nome? Tradizione vuole che si tratti della sincrasi di “Pan di Toni”, un dolce inventato dall’aiuto cuoco della famiglia Sforza che si chiamava appunto Toni.

Creato all’ultimo momento per rimediare a un pasticcio culinario: il dolce preparato per il pranzo natalizio alla corte di Ludovico il Moro finì per essere carbonizzato, dimenticato nel forno.

Così Toni si è inventato un’idea alternativa che ha fatto poi storia, diventando una tradizione.

Perché si chiama presepe?

E il presepe invece perché si chiama così? L’etimologia è latina: deriva da “praesepe” che in latino significava “mangiatoia”.

Un particolare che molti mettono in secondo piano nel presepio e che invece è stato addirittura messo a titolo. Le vie della lingua parlata sono infinite.

Quali sono le origini dell’albero di Natale?

L’albero di Natale ha origini antichissime. Affonda le sue radici addirittura nell’antico Egitto, in cui si usava costruire piccole piramidi fatte di legno in onore del Dio del Sole.

Questa tradizione ispirò poi i popoli del nord Europa: nel XV in Estonia incominciarono a decorare gli alberi con frutti invernali per il giorno di Natale, usanza che poi è passata anche in Lettonia e in Germania. Fino ad arrivare a noi e in tutto il globo terracqueo.

Qual è il regalo di Natale più famoso di sempre?

Vorreste come regalo top della storia proprio quello che vi ha fatto la vostra dolce metà, da spacchettare la mattina del 25 dicembre, vero? E invece non sarà così: il regalo di Natale più celebre di sempre è la Statua della Libertà.

Donata dalla Francia agli Stati Uniti d’America il giorno di Natale del 1883, fu trasportata con una nave per simboleggiare l’amicizia tra i due stati.

Per mancanza di fondi, i francesi non sono riusciti a costruirne la base. Ci ha pensato quindi il popolo americano, finanziandola attraverso una sottoscrizione pubblica.

Fonte: GRAZIA.IT

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Il caffè e i mille modi per prepararlo

Il caffè e i mille modi per prepararlo

Alla scoperta di una cultura complessa. Il racconto di tutto ciò che c'è oltre la moka e la macchinetta del bar.

Caffè sì, ma quale. Arabica, monorigine proveniente dalla Colombia, robusta alla napoletana? Il chicco nella percezione media è ciò che ha più importanza, perché poi arriva direttamente nella tazzina che beviamo, magari andando di corsa tra un appuntamento e l’altro, per gratificarci e corroborarci. Che a regalarcelo sia una capsula o una macchinetta di tipo classico poco importa, e ancor meno differenza percepiamo tra una tipologia e l’altra delle attrezzature da bar, poco avvezzi a riconoscere una macchina con braccio a pressione da un’altra. In Italia, di  fatto, nonostante culturalmente il nostro Paese sia legato al caffè quasi da sempre, la scelta non è ancora molto varia e spazia tra moka, macchina alla napoletana – per una piccola fetta di persone -, macchina americana – per pochissimi – e tipologia in capsule, quella a cui per la comodità ci siamo affezionati quasi tutti. Ma non è tutto qui. Di pari passo con l’avanzata della cultura degli specialty coffee, caffè di elevata qualità “con profumi e sapori dal profilo unico” – furono definiti così per la prima volta nel 1974 dalla torrefattrice Erma Knutsen – si stanno diffondendo anche in Italia metodi di estrazione del caffè diversi da quelli a cui siamo abituati, capaci di portare nella tazza tutte le sfumature dei chicchi più pregiati.

Non solo espresso e americano: tutti i metodi (più importanti) di estrazione del caffè

In un mondo piuttosto complesso, si può iniziare a fare una catalogazione dei processi per funzionamento di massima: dripping (o pour over), infusione e pressione. Nel primo caso si ha l’utilizzo di un filtro che viene attivato “manualmente” con l’immissione di acqua calda e non attraverso un macchinario come può essere quello per il caffè americano che siamo abituati a vedere nei film di hollywood e nei telefilm polizieschi; in questo caso il caffè macinato – solitamente una macinatura fresca, avvenuta poco prima – rimane del tempo a contatto con l’acqua prima di essere poi filtrato. In questo metodo, nato nel 1908 a opera di Melitta Bentz, che per prima sostituì la carta alla stoffa come materiale di filtraggio, è proprio la presenza del cono-filtro che fa la differenza rispetto ai metodi a infusione, che invece – come il caffè alla turca – non prevedono l’utilizzo di alcun tipo di passaggio successivo, di alcun tipo di filtro. Last but not least, i metodi a pressione sono quelli più vicini all’attuale cultura di massa del caffè in Italia e abbracciano i macchinari da bar e l’intramontabile moka, capaci di produrre per la loro natura tecnica caffè molto forti e robusti, intensi nelle loro note tostate e percepiti come più concentrati – anche se, di fatto, la quantità di caffeina non varia al variare della metodologia di estrazione -. Che siate curiosi o refrattari alle novità che vi allontanano dal rumore melodioso della macchinetta che gorgoglia sul fornello, amanti del caffè in tazza grande da sorseggiare lentamente o maniaci dell’espresso, vi raccontiamo le tipologie di estrazione più famose e importanti.

I METODI

DRIPPER

Dall’aria particolarmente vintage e romantica, queste macchine sono anche dei pezzi di design particolarmente accattivanti. Oltre a permettere l’estrazione delicata e lenta del nostro macinato di caffè. Cos’è il dripper da cui arriva il nome? Un cono scanalato posto al centro del macchinario, posto esattamente sopra la tazza di raccolta che, durante la preparazione del caffè viene rivestito da un cono fatto di carta alimentare, il vero e proprio filtro. All’interno di questo imbuto di carta viene aggiunta la polvere e poi viene versata l’acqua. Qui è il cuore del discorso: l’acqua deve arrivare quasi a ebollizione, riscaldata a parte, e poi versata facendo attenzione a farlo con lenti movimenti circolari, come se stessimo preparando una maionese per non farla impazzire. Una volta finito di versare l’acqua, non dovremo fare altro che aspettare che il caffè si raccolga nella caraffa e il gioco è fatto.

AEROPRESS

Dimenticate le atmosfere vintage, l’aeropress è decisamente uno dei metodi di estrazione più futuristici. Anche perché è il più recente, in quanto a invenzione. Brevettato nel 2005 da Alan Adler, proprietario di un’azienda costruttrice di frisbee, leggenda vuole che sia nato per permettere agli sportivi di avere un caffè intenso e corroborante in poco tempo e anche in condizioni poco favorevoli. Tecnicamente riesce a conciliare l’estrazione per infusione a quella a pressione, che si esercita quando – dopo un tempo che va dai 30 ai 50 secondi – pressiamo il pistone nel cilindro che è il corpo centrale della macchina, al cui interno avviene poi l’infusione. Decisamente versatile, riesce a mantenere intatti gran parte degli aromi e delle parti dolci del caffè.

SIPHON

E’ uno dei metodi di estrazione più complessi da gestire, lungi dalla dinamicità dell’aeropress, ma anche uno dei più affascinanti da osservare. Innanzitutto, avete bisogno di spazio, per questa caffettiera che consta di due diverse camere di vetro, disposte in sovrapposizione, in cui quella bassa ha una forma sferica – che permette di distribuire il calore in maniera uniforme – e quella superiore aperta verso l’alto. Le due metà sono divise da un filtro, che può essere in carta, stoffa – materiali tradizionali – o metallo. Una volta inserita l’acqua nella camera inferiore, si accende il fuoco, qui però a differenza della moka non è l’acqua a passare nel filtro pieno di caffè, ma il vapore che porta l’acqua nella camera superiore permettendo che avvenga l’infusione. Terminato il procedimento, una volta spento il fuoco la pressione del vapore diminuirà e così il caffè infuso può essere raccolto senza problemi.

French Press

Insieme a quello per il caffè turco e alla cuccuma napoletana è uno dei metodi di estrazione del caffè più antichi in assoluto. E anche semplice da utilizzare: all’interno del contenitore in vetro si inserisce la quantità desiderata di macinato di caffè e l’acqua ben calda – ma mai bollente, sempre da tenere attorno ai 90° -, questa prima unione di ingredienti va mescolata delicatamente – magari con un bar spoon se lo avete in casa – e lasciata stazionare per una media di tempo che va dai due ai sei minuti. Subito dopo va inserito lo stantuffo che, dotato di un filtro in metallo, va spinto verso il basso; così si separa il caffè macinato, con i suoi residui, dalla bevanda vera e propria. Il risultato sarà un caffè intenso e corposo, con delle particelle in sospensione che il filtro in metallo, non essendo molto fitto, non riesce a trattenere.

CUCCUMELLA (o macchina alla napoletana)

È una delle metodologie di estrazione più local, strettamente legata a un popolo e alla sua storia, tanto da portarne il nome. Questa tipologia di caffettiera, il cui design è già storia del caffè, è composta da un serbatoio che nella parte superiore è forato, al cui interno si incastra un cilindro – cavo e forato sulle superfici – in cui viene inserito il caffè e poi un secondo serbatoio, con beccuccio, in cui la bevanda andrà a raccogliersi. Facente parte a tutti gli effetti dei metodi di estrazione “dripper” o per percolazione, funziona grazie al vapore che fuoriuscendo dal foro del primo serbatoio segnala il momento in cui attivarsi: a questo punto del procedimento infatti il fuoco va spento e la caffettiera girata. Così l’acqua passerà attraverso il macinato, permettendo alla bevanda finita di raccogliersi nel secondo serbatoio. Il procedimento in tutto richiede dai 5 ai 10 minuti di lavorazione.

Caffè turco - Ibrik

cveze, possiamo definirlo come il più etnico e affascinante dei metodi di estrazione per infusione. Detto anche caffè turco, è diffuso quasi in tutto il Medio Oriente e a differenza del tipico espresso, nonostante le dimensioni ridotte della tazzina richiede un tempo di lavorazione molto lungo. Il pentolino di rame – o ottone – andrà per prima cosa a contenere acqua fredda e caffè macinato – i grani dovranno essere estremamente fini – e solo successivamente andrà posto sulla fiamma, delicata, fino all’ebollizione. Una volta finita questa parte del procedimento, il caffè andrà versato nella tazza, ma non è ancora finita: bisognerà attendere ancora dei minuti affinché la polvere si depositi tutta sul fondo, in modo che non vada a “guastare” il palato durante il sorso.

Moka

Brevettata da Bialetti, nasce ufficialmente nel 1933. Solo apparentemente semplice, questa tipologia di caffettiera è composta da tre parti distinte: la caldaia – la parte bassa -, il filtro dove si adagia il caffè e il bricco dove viene raccolto il risultato. Tutto funziona grazie alla pressione che l’acqua riscaldata provoca, spingendo il vapore verso l’alto, attraverso il filtro, fino a bagnare il caffè. Così, con il calore dell’acqua, si sciolgono le parti solubili del caffè e si estraggono le sostanza aromatiche. Il risultato è intenso ma non corposo al palato, molto spesso caratterizzato dal retrogusto amaro dovuto alle alte temperature.

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Il caffè al cinema: dalla macchinetta alla macchina da presa

Il caffè al cinema: dalla macchinetta alla macchina da presa

Nella storia della “settima arte”, i titoli e le sequenze dedicati al caffè sono molto numerosi. Quentin Tarantino, Jim Jarmusch, Blake Edwards sono solo alcuni dei registi che hanno utilizzato questa bevanda nelle loro opere, con i fini più disparati. Emblema della quotidianità per qualcuno, protagonista di dialoghi incisivi per qualcun altro, il caffè nei film ha avuto una lunga e brillante carriera, che continua ancora oggi. Vediamo allora in quali pellicole fa la sua comparsa il caffè e quale ruolo “interpreta”.

Il caffè nei film: quando la tazzina è servita sul grande schermo

Dalla scena di apertura di “Colazione da Tiffany” (regia di Blake Edwards, 1961) con un “coffee to go” nelle mani di Audrey Hepburn, intenta a osservare le vetrine della famosa gioielleria newyorkese, al caffè avvelenato in uno dei momenti di maggiore tensione di “Confessioni di una mente pericolosa” (regia di George Clooney, 2003), le tazzine di caffè sono state spesso sotto i riflettori, hollywoodiani ma anche nostrani. Ecco allora alcuni momenti significativi che hanno segnato il rapporto tra cinema e caffè, all’italiana o all’americana.

Il caffè nei film italiani

La convivialità legata al caffè, insieme alla rituale bellezza della sua preparazione con la moka, ha stuzzicato la fantasia di molti registi italiani. Partiamo dagli anni 50 per scoprire come è stato utilizzato il caffè dal nostro cinema, cominciando con una pellicola in bianco e nero che in tanti conosceranno e ricorderanno.

Ne “La banda degli onesti” (regia di Camillo Mastrocinque, 1956), infatti, un caffè ordinato e consumato al bar diventa per Totò l’occasione di spiegare al signor Lo Turco come funziona il sistema capitalista. Nella sceneggiatura di Age&Scarpelli, le tazzine di caffè diventano l’esempio perfetto.

Entrambe, all’inizio, contengono caffè amaro, poi la tazzina “capitalista”, più votata all’azione dell’altra, più pronta cioè all’iniziativa, inizia a fare incetta di zucchero: viene progressivamente riempita da Totò, che si interrompe solo quando il barista lo avverte del fatto che, continuando, dovrà pagare un supplemento. Totò è convinto di aver fornito un’ottima spiegazione, a Lo Turco non resta altro che un caffè amaro (e freddo) da bere.

Nei primi anni 60, il regista Pietro Germi utilizza il caffè in alcune scene del suo “Divorzio all’italiana” (1961), nel quale racconta l’infelice matrimonio del barone Fefè Cefalù (Marcello Mastroianni). Invaghito della giovanissima cugina, il nobile siciliano cerca il modo migliore per liberarsi della moglie, che invece lo ama e gli riserva tante attenzioni, come portargli il caffè al mattino.

È il 1980 e il regista Nanni Loy dirige “Café Express”. Già dal titolo, si intuisce la presenza di questa bevanda nel film, che infatti ha come protagonista Nino Manfredi nei panni di un uomo che gira i treni Intercity di carrozza in carrozza, portando con sé un thermos di caffè, che vende abusivamente ai viaggiatori. Uno spaccato delle vicende che si intrecciano sul treno, con le quali Manfredi viene a contatto proprio grazie al caffè.

Nel 1991 il “lato oscuro” del caffè fa la sua comparsa in “Pensavo fosse amore… invece era un calesse” (regia di Massimo Troisi, 1991): la classica vicenda di un amore non corrisposto trova nella famosa bevanda un alleato tanto valido quanto letale. Così Troisi, protagonista del film, rischia di essere avvelenato con un caffè al veleno per topi, offerto dalla giovane sorella del suo più caro amico, innamorata di lui.

Tra i (pochi) film italiani a ricevere un Premio Oscar come Miglior film straniero, anche “Mediterraneo” (regia di Gabriele Salvatores, 1992) utilizza in una scena il pretesto narrativo del caffè. Diego Abatantuono, nei panni del sergente Lorusso, mostra ai suoi commilitoni (rimasti intrappolati su una piccola isola greca, durante la Seconda guerra mondiale) come bere il caffè greco, dopo che un altro soldato si era lamentato di quanto la bevanda fosse diversa da quella italiana. Una scena semplice ma carica di significato, che mostra come Lorusso sia in forte connessione con l’isola, le sue tradizioni e i suoi abitanti, malgrado i suoi doveri di soldato.

Il caffè nel cinema internazionale

Anche il cinema internazionale ha messo più volte il caffè davanti alla macchina da presa, ambientando anche molte scene cruciali nelle caffetterie. Cominciamo con un assoluto capolavoro del 1946, “Notorious – L’amante perduta” di Alfred Hitchcock: in una storia di spionaggio con protagonisti Ingrid Bergman e Cary Grant, il caffè diventa il mezzo con cui liberarsi (o almeno provarci) di chi fa il doppio gioco.

Negli anni 60, il regista francese Louis Malle racconta in “Fuoco fatuo” (1963) la vita perduta di Alain, consumato dall’alcol e dalla solitudine. In una delle scene più drammatiche del film, il protagonista si trova nel Café Odéon e si appresta a ordinare, circondato dalla folla ma in pratica solo, perso nei suoi pensieri e sopraffatto dalla sua esistenza.

Jean-Luc Godard, in “Due o tre cose che so di lei” (1967), utilizza invece le inquadrature di una tazzina di caffè come simbolo dell’assoluta quotidianità, mentre una sussurrata voce fuori campo si perde in riflessioni profonde sull’esistenza.

“Qualcuno sa dirmi perché il mio caffè non è ancora qui? È morta per caso?” è una frase celebre del film “Il diavolo veste Prada” (regia di David Frankel del 2006). Nella pellicola Anne Hathaway attraversa New York con delle tazze di caffè in mano da portare al suo terribile capo.

Anche Quentin Tarantino sembra avere un grande amore per il caffè e sceglie di aprire uno dei suoi più celebri e apprezzati film, “Pulp Fiction” (1994), proprio all’interno di una caffetteria, l’Hawthorne Grill. È questo, infatti, il luogo in cui la coppia formata da Zucchino e Coniglietta (Tim Roth e Amanda Plummer) progetta l’ennesima rapina a mano armata, mentre la cameriera serve loro del caffè. La bevanda compare poi anche in altre scene, come il cameo dello stesso regista.

Uno dei più conosciuti film associati al caffè è però “Coffee & Cigarettes” (regia di Jim Jarmusch, 2003), che già dal titolo promette di essere quasi interamente dedicato alla bevanda. Si tratta, infatti, di undici cortometraggi in cui la telecamera riprende personaggi del calibro di Roberto Benigni, Iggy Pop, Tom Waits durante un momento tanto emblematico da non aver bisogno di ulteriori parole: la pausa “caffè e sigaretta”, un piccolo piacere della vita così significativo da dedicargli un intero film.

Quali sono i vostri film preferiti in cui ci sono scene incentrate sul caffè?

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I benefici della pausa caffè in ufficio

I benefici della pausa caffè in ufficio

Qualcuno afferma di non poterne fare a meno, mentre per altri è solo un’occasione per sgranchirsi le gambe e scambiare quattro chiacchiere con i colleghi. C’è chi, invece, ne approfitta per controllare messaggi e telefonate al cellulare. La pausa caffè a lavoro è un momento di relax e socializzazione che, secondo alcuni studi, sembra apportare dei benefici concreti. Vediamo insieme quali.

Pausa caffè: i benefici per la socializzazione e la produttività

Un’indagine condotta negli Stati Uniti da Tork ha messo in luce che, secondo il 90% degli impiegati, un break durante l’orario lavorativo aiuta a concentrarsi, a trovare idee migliori e a tornare con più energie alla scrivania. E i benefici sono emersi anche da altri studi. In cosa consistono questi effetti positivi?

  • Interrompere momentaneamente il lavoro e allontanarsi dalla propria postazione è fondamentale, prima di tutto, per il nostro fisico. Soprattutto, quando si trascorre la giornata seduti alla scrivania e davanti a uno schermo, i muscoli, la colonna vertebrale e la vista traggono beneficio da un’interruzione per fare quattro passi. Cinque minuti di attività ogni ora aiutano, infatti, a combattere gli effetti negativi della sedentarietà.
  • Il lavoro intellettuale impegna costantemente il nostro cervello, che di tanto in tanto ha bisogno di uno stop. Una pausa caffè è proprio quello che ci vuole per distrarsi qualche minuto e recuperare freschezza mentale. A questo proposito, uno studio afferma che la capacità di prendere delle decisioni è influenzata dalla stanchezza: per chi deve farlo più volte nel corso della giornata lavorativa, un break aiuterebbe a non rimandare e a decidere sempre con cognizione di causa.
  • Come riportato da Psychology Today, fermarsi per qualche minuto rende più motivati, soprattutto sugli obiettivi a lungo termine. Quando lavoriamo, infatti, la corteccia prefrontale compie uno sforzo e, se l’impegno necessario è prolungato, prendersi una pausa aiuta a mantenere l’attenzione e a ritrovare la giusta motivazione.
  • Anche la produttività e la creatività, inoltre, godono degli effetti positivi della pausa caffè. Un ulteriore beneficio risiede nella diminuzione dei livelli di stress.
  • Bere un caffè e chiacchierare con i colleghi, infine, aiuta a socializzare e a fare squadra, con il vantaggio di dar vita a un ambiente lavorativo più disteso, sereno, in cui si affrontano meglio le difficoltà e anche gli ultimi arrivati non fanno fatica a integrarsi.

Concedersi una pausa è un’ottima abitudine, ma ci sono dei casi in cui è meglio rimandare: per esempio, non ha senso interrompere il lavoro quando siamo nel bel mezzo di un’attività che ci assorbe completamente, se non ne avvertiamo il peso. Meglio sfruttare il momento, portare a termine la consegna e poi godersi il meritato break.

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Pausa caffè, qual è l’orario perfetto?

Come abbiamo visto, quindi, gli effetti positivi della pausa caffè sono diversi. Il caffè apporta sicuramente alcuni benefici ed è bene sottolineare che, secondo un ricercatore statunitense, esiste un orario ideale per godere il più possibile delle proprietà del caffè: tra le 9.30 e le 11.30 del mattino. A metà mattina, infatti, il cortisolo (l’ormone che ci tiene svegli) comincia fisiologicamente a calare. Prendersi una pausa in questo intervallo di tempo, quindi, è una buona abitudine per rinvigorire le energie e continuare a sentirsi attivi anche nelle ore di lavoro successive.

La pausa caffè secondo gli svedesi: Fika

Tra i Paesi europei famosi per il work-life balance e per la cultura del lavoro c’è la Svezia, dove quello della pausa caffè è un rito radicato. Si chiama Fika, una parola che viene dal termine dialettale che in passato indicava proprio il caffè. La bevanda, tuttavia, è solo uno dei cardini di questo momento della giornata, che serve anche a socializzare: per godere a fondo dei benefici, l’ideale sarebbe trascorrere la pausa in una stanza dedicata, lontano da computer e telefoni, e conversare con i colleghi.

Come occupate la pausa caffè? Anche per voi è un momento fondamentale della giornata lavorativa?


Dove vedere il foliage in Italia in autunno

DOVE VEDERE IL FOLIAGE IN ITALIA IN AUTUNNO

Ti stai chiedendo dove vedere il foliage in Italia in autunno? Ti sveliamo noi le migliori destinazioni

C’è solo un modo per accontentare gli amanti dei colori autunnali: partire alla scoperta delle migliori destinazioni d’Italia dove ammirare il foliage, il famoso fenomeno per cui gli alberi iniziano a cambiare il colore delle loro foglie in modo spontaneo, trasformando il paesaggio in una vera e propria tavolozza mutevole di colori.

Se ti stai chiedendo dove vedere il foliage in Italia, qui di seguito troverai 10 tra le migliori destinazioni

 

In Liguria nel Parco regionale del Monte Beigua

Da fine settembre a novembre l’intero Parco regionale del Monte Beigua si trasforma in una tavolozza di colori che vanno dall’arancione al rosso cupo, passando per tutte le tonalità del marrone. Se il tempo e le temperature lo permettono è bello poter organizzare una gita in questi boschi. Immaginati passeggiare mano nella mano con il tuo partner o accanto alla tua famiglia calpestando interi tappeti di foglie lungo i sentieri di castagno, rovere e roverella. Nel Parco del Beigua potrai seguire diversi percorsi: scegli se addentrarti nella Foresta della Deiva a Sassello, oppure percorrere il Sentiero Archeologico che parte da Alpicella. E che ne dici di salire verso Forte Geremia da Masone? Ogni itinerario ha le sue caratteristiche e specificità, di certo c’è spazio per tutti!

 

In Emilia Romagna tra i Colli Piacentini

I colli piacentini si aprono tra Piacenza e Bobbio e in autunno si trasformano in un luogo spettacolare, perfetto per una passeggiata. Proprio subito dopo il periodo della vendemmia, le foglie iniziano a diventare di un color rosso-arancione intenso, mentre il terreno mostra il suo lato più brullo e arido: il contrasto è imperdibile! Armati di macchina fotografica e… buon lavoro. Visitare i Colli Piacentini durante il foliage d’autunno sarà l’occasione giusta per partire alla scoperta dei castelli di Torrechiara, Castell’Arquato e Vigoleno.

 

In Lombardia nella Val Masino

Per chi abita a Milano e dintorni o semplicemente per chi intende visitare la Lombardia durante il periodo autunnale c’è solo un posto che possiamo segnalarti: si tratta della Foresta dei Bagni di Masino, 23 mila ettari di terra, un luogo magico che merita di essere visitato durante tutte le stagioni dell’anno, ma che durante l’autunno da il meglio di sé. Raggiungere la foresta è facile, basta lasciare la propria auto ai Bagni di Masino – siamo in Valtellina – e continuare a piedi, seguendo il percorso asfaltato. La faggeta che ti ritroverai davanti è splendida, come tutti gli altri alberi monumentali di oltre 200 anni di età.

 

In Puglia nella Foresta Umbra

Scendendo in Puglia ci fermiamo nel cuore del Gargano, in  provincia di Foggia, e incontriamo la Foresta Umbra, un bel polmone d’Italia composto da boschi di faggi secolari, querce e aceri che in questo periodo acquistano tonalità caldissime. Dopo aver raggiunto i parcheggi della Foresta Umbra si può partire per una passeggiata lungo i numerosi sentieri segnalati e contrassegnati. Lungo il percorso incontrerai tassi, aceri, agrifogli, carpini, faggi… sarà un’esperienza indimenticabile, che piacerà anche ai più piccoli: impareranno tante cose nuove e soprattutto potranno partire alla ricerca dei magnifici alberi secolari che popolano l’intera foresta.
Chi vuole può documentarsi prima nel Museo Naturalistico del Centro Visitatori!

 

In Piemonte tra le Langhe

La bellissima zona collinare compresa tra le province di Cuneo e Asti, oltre a regalare straordinarie eccellenze enogastronomiche, è un’area perfetta per ammirare il foliage in Italia in autunno. Dopo l’estate le Langhe vengono letteralmente invase da una lieve nebbiolina che lascia subito il posto ai colori magici dell’autunno: il rosso, l’arancio, il giallo, il porpora e il bronzo diventano i protagonisti indiscussi di questo periodo.

Per un itinerario che si rispetti puoi partire da Alba, fare sosta a Monforte d’Alba e poi perderti nel paesaggio fino ad arrivare a Serralunga. Puoi spingerti fino a Barolo e Castiglione Falletto, nel cuore delle Langhe!

 

In Trentino nella Valle dei Mocheni

Sei in Trentino e vuoi andare a vedere il foliage? Ad appena 20 km da Trento sorge un posto magico. Si tratta della Valle dei Mocheni, una meta poco conosciuta dai turisti, isola linguistica di origine tedesca. Ti ritroverai in un ambiente selvaggio e suggestivo ma potrai conoscerlo seguendo uno dei tanti itinerari tracciati che ti accompagneranno alla scoperta di prati, boschi, masi, malghe e rifugi. La Valle dei Mocheni conserva ancora oggi le proprie tradizioni folcloristiche e gastronomiche, testimonianza della sua popolazione e della sua identità. Il suo fascino ambientale e culturale è indiscutibile: fai un giro tra le praterie e i boschi, percorri gli itinerari e perditi tra gli splendidi boschi incantati.

 

Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi in Toscana

Dicono che le Foreste Casentinesi siano tra le foreste più colorate d’Italia. Di sicuro la loro posizione, a metà tra area mediterranea e quella europea aiuta. In ogni caso provare per credere…
Le Foreste Casentinesi si trovano in Toscana, in provincia di Arezzo. I periodi migliori per ammirare il foliage nelle foreste casentinesi sono le ultime due settimane di ottobre e le prime due di novembre. Se nella prima fascia del parco – quella che si trova al di sopra degli 800 metri d’altezza – domina il faggio, nella seconda – quella collinare, al di sotto degli 800 metri – i colori sono quelli delle querce e dei carpini. Per osservare al meglio il foliage in questa zona è bene arrivare sulla cima del Monte Penna proprio sopra la Foresta della Lama. Per raggiungerla ti consigliamo di procedere da Passo dei Fangacci nella strada che collega Badia Prataglia all’Eremo di Camaldoni.
Dalla Foresta della Lama si può partire per un’altra escursione che ti porterà nel sentiero degli Scalandrini e ti permetterà di tuffarti (letteralmente!) nei colori magnifici delle Foreste Casentinesi.

 

In Calabria nel Parco Nazionale della Sila

Aceri, pioppi, faggi, castagni: sono loro i protagonisti del foliage nel parco della Sila, in Calabria!
Per chi ha voglia di indossare le scarpe da trekking consigliamo il percorso ad anello nella Sila Piccola che parte da Tirivolo e attraversa sentieri pieni di faggi secolari, arrivando a un punto panoramico da dove si riescono a intravedere le acque cristalline del piccolo fiume Tacina. Durante la tua passeggiata non dimenticare di perderti nella ricerca di funghi e castagne. Il simbolo del parco? Il pino silano.
Alla fine della visita fai un salto in uno dei due musei tematici e multimediali: sono quelli de Le foreste della Sila e Le foreste e l’Uomo e si trovano all’interno del Centro Visite Monaco.

 

In Valle d’Aosta nella Val Ferret

Poco prima di essere invase dalla neve, le piste di fondo della Val Ferret, proprio sopra Courmayeur in Valle d’Aosta, si trasformano in una piacevole tela colorata tutta da fotografare. Qui è sempre piacevole concedersi una passeggiata: noterai che mentre le piante a foglia larga cedono il passo ai sempreverdi, il larice diventa di un colore simile all’oro. L’autunno è il momento migliore per scoprire il paesaggio della Val Ferret. Troverai quiete, natura, la possibilità di fare escursionismo con i tuoi amici. Non dimenticare che la zona va scoperta anche a livello gastronomico: tanti i piatti tipici del territorio e i prodotti da assaggiare, dai salumi ai formaggi passando per gli eccellenti vini.

 

In Piemonte sui Monti Biellesi

Torniamo in Piemonte ma questa volta ci spostiamo nella zona di Biella, precisamente nel Giardino Botanico di Oropa. L’Oasi WWF del giardino regala contrasti cromatici mozzafiato.


CAFFÈ? PIÙ BUONO SE PRESO... IN SILENZIO

CAFFÈ? PIÙ BUONO SE PRESO... IN SILENZIO

Una ricerca svela che questa famosa bevanda sembrerebbe più buona, se assunta in assenza di rumore

Il caffè è spesso un piacere da consumare in compagnia, con gli amici o con i colleghi di ufficio.

È un pretesto per scambiare due chiacchiere, distrarsi delle noiose attività che si stavano svolgendo, occasione per conoscersi meglio.

Una ricerca dell’Università de Las Américas, però, svelerebbe che in realtà il caffè avrebbe un sapore migliore al palato se… bevuto in silenzio o con un rumore molto leggero.

Come si legge in questo articolo di Today, infatti: “negli esperimenti effettuati, il caffè è stato descritto come con meno aroma dalle persone che ricevevano forti rumori di sottofondo attraverso un paio di cuffie. Invece, è stato addirittura percepito come costoso e di qualità superiore quando, lo stesso caffè, è stato degustato dai volontari mentre ascoltavano un leggero rumore di fondo, anziché uno forte”.

Insomma, l’ambiente esterno può così condizionare anche il gusto.

Siamo sicuri, però, che non ci sia niente di meglio di un buon caffè con le persone a cui teniamo di più.

Fonte: R101